mercoledì 11 dicembre 2013

Incontri d'autore - Medimex

Chiacchiere in libertà con Ernesto Assante  -   Bari 8 dicembre 2013


A: Trovo molto bella questa tua passione, la caparbietà  la volontà di essere cantante o comunque di vivere nel mondo della musica.
C'é stato un momento della tua adolescenza in cui hai deciso che quella doveva essere  la tua vita?

M: Ho iniziato a facendo karaoke per gioco con gli amici e loro sono stai il mio primo pubblico, dicevano che cantavo bene. Perchrè fino ai 14 anni non ho mai veramente ascoltato la musica anzi la temevo. Mamma era la vera appassionata di casa, faceva anche pianobar, mi faceva sentire Mia Martini, De Gregori, Gabriella Ferri ma essendo piccolo non capivo i loro testi. Crescendo mi sono reso conto della loro grandezza e che mi erano rimasti dentro. Un giorno mi misi a cantare pensando di essere solo in casa invece apparve mia madre che mi chiese cosa stessi ascoltando. Risposi che ero io e lei allora decise di iscrivermi a una scuola di pianoforte che mi annoiava a morte ma rifarei al volo se potessi tornare indietro. Abbandonai dopo poco per un corso di chitarra e poi andai a scuola di canto. Intanto lavoravo come barista e iniziai a cantare con un gruppo di amici: i Brainless e  suonavamo standard rock, Deep Purple e Pink Floyd. Ci iscrivemmo anche a un concorso che ovviamente perdemmo.
Il primo disco che ho amato è stato di David Bowie. Lui aveva  un timbro particolare, non era un virtuoso ed era diverso da tutto quello che avevo sentito fino a quel momento, Aretha Franklin o Billie Holliday che avevano voci tecnicamente perfette. Scoprire lui, Stevie Wonder o George Benson, per me é stata una folgorazione.

Ero molto timido, passavo il mio tempo a guardare il soffitto e i miei facevano di tutto per spingermi a uscire per cui quando videro che qualcosa in me stava cambiando grazie alla passione per la musica mi aiutarono a coltivarla. Intanto però diventavo sempre più irrequieto, casa cominciava a starmi stretta,spendevo tutto quello che guadagnavo per gli strumenti che mi servivano per far musica e arrivò il giorno in cui mia madre si pentì di avermi assecondato perchè a pranzo alzai la testa e improvvisamente dissi "io me ne vado". Mia madre era un po' contraria, mio padre rispose che se volevo essere responsabile di me stesso e volevo fare quella scelta la porta sarebbe stata aperta ma avrei dovuto mantenermi da solo. Questa è una delle cose più giuste che mio padre mi abbia detto in tutta la mia vita. Così sono andato a vivere a Roma da solo, ho iniziato a fare  il fonico in uno studio di registrazione dove facevo dei cut per le pubblicità e così ho imparato ad usare programmi e tecnologie che poi mi servivano a casa per fare cose mie. Facendo serate, pianobar e matrimoni ho conosciuto molte persone e poi sono entrato a far parte di in un vero studio di registrazione.

A: Ma per fare un salto del genere bisogna essere animati da una fortissima passione, perchè immagino che ci fossero difficoltà, non guadagnavi così tanto e dovevi mantenerti. In quei momenti hai mai pensato che forse avevi preso la strada sbagliata o la passione per la musica era talmente forte che ti spingeva a dire che anche se non guadagnavi niente era quello che volevi fare davvero?
M: Sinceramente, come faccio tante volte, non pensavo, non mi ponevo domande, quello che facevo mi rendeva felice e mi bastava, anche se mangiavo poco,abitavo a Roma pagando 250 euro di affitto, lavoravo come fonico e come barista in un pub a Frascati. Non ho mai pensato se quello potesse darmi un guadagno in futuro, sicuramente sono stato fortunato perchè essendo anche figlio unico sapevo di avere una famiglia dietro che, se anche avessi sbagliato facendo scelte azzardate, mi avrebbe coperto le spalle, quindi ho rischiato, anche perchè il mondo non finisce se sbaglia strada a 18 anni, hai sempre delle alternative.

A: Essere da un lato autonomo ma dall'altro sapere di avere una rete di protezione che valore ha avuto? Siamo stati tutti adolescenti e sappiamo che si crea sempre un periodo di forte tensione con la famiglia. Hai avuto la dote di saper mantenere un dialogo, un rapporto aperto con i genitori nonostante la scelta difficile di andartene pur sapendo che tua madre avrebbe sofferto.

M: Sono del capricorno e  mi dicono apparentemente freddo anche se in realtà molto sotto sono un romantico, un sentimentale. Sono un osservatore, razionalizzo molto, sembro molto distaccato da quello che mi succede intorno e questo nel mio lavoro e nella vita serve, anche se a volte ti porta a fare errori.




A: Ma il passaggio al professionismo come è avvenuto? Iscriversi a X Factor è stato quello che ha fatto la differenza? La determinazione era già presente o l'hai fatto come hai tentato mille altre cose quando volevi diventare un cantante?

M: Ero una persona impacciata e timida, con problemi di linguaggio, di balbuzie da piccolo che mi sono portato dietro e che mi hanno costretto anche a rivolgermi a un logopedista per cui mi frenava il pensiero di poter diventare un personaggio pubblico o salire su un palco in futuro e interfacciarmi con tante persone.  Sembra che tu arrivi a X Factor dal nulla, al contrario avevo fatto molte serate perchè avevo veramente tanta voglia di cantare. Certamente aver comprato le prime attrezzature per registrare i primi pezzi innanzitutto era una mia voglia, il bisogno di mettersi alla prova in un mondo sconosciuto, quello discografico. Mi presentai ad alcuni discografici ( ho saputo che qui ci sono stati i tre presidenti delle Major italiane) e sinceramente ho ricevuto risposte che mi hanno infastidito, non alla loro altezza. Se ti senti rispondere " Lei non è adatto a cantare" magari torni a casa e rifletti su questo ma sentire " sei troppo bravo" oppure "il tuo stile non è a  fuoco, ora funziona lo stile EMO, non va la camicia, l'occhiale.." o anche " questi pezzi sono troppo di nicchia, ci vorrebbe qualcosa tipo 12-40" ti fa pensare che quello non è il mondo che immaginavi.

A: Dalla prima volta che ti ho visto mi sono accorto che obiettivamente canti in modo diverso da tutti gli altri e questo credo rappresenti il 90% del tuo successo. 
Sei immediatamente riconoscibile e questa è una cosa enorme perchè chi ti sente è costretto a pensare “Cosa sto ascoltando? Sto sentendo una cosa mai sentita prima, almeno in Italia” Nessuno ha mai cantato così prima.
Come si arriva a cantare così? Ci sei nato o ci hai ragionato, hai studiato, come diamine si diventa Mengoni?

M: Io non ho la formula, certo devo ringraziare madre natura per le corde vocali, poi il modo in cui scrivi, la direzione che prendi credo dipenda inconsciamente da quello che ascolti. Io all'inizio ero un imitatore, ho ascoltato tanto di quello che la musica ci ha offerto, dalla classica al jazz e tutto quello che siamo noi adesso, tutto questo mi ha influenzato, ho cercato di mettere tutto insieme. Ovviamente crescendo si modificano anche le corde vocali. Io ho sentito molto il cambiamento in questi ultimi anni. La paura a volte ti fa brutti scherzi, ti adagi sui pregi vocali e tendi a strafare. Col tempo capisci che il compromesso è veramente l'anticamera della libertà proprio perchè hai libertà di scegliere con te stesso, cambi la visione , io ho asciugato tantissimo il mio modo di cantare, forse perchè un seguito maggiore, il cambio di staff, sentirmi più tranquillo, mi ha dato la sicurezza per esprimere quello che sono, che sento, che non è solamente un Bi memolle di petto  (dove non arrivo più) ma di avere la libertà di sbagliare, di non essere preciso, di scrivere in modo più semplice senza troppi orpelli. Acquisti sicurezza e quindi sei più vero, meno falsato.

A: Discuto spesso con i colleghi su X-Factor che seguo dall'inizio perchè credo che il mondo e il modo di approcciarsi alla musica cambino anche se c'è sicuramente chi lo fa bene e chi lo fa male. Trovo che Morgan sia quello che affronta X Factor nel miglior modo, perchè lavora con il cantante. Sono quasi certo che se tu non lo avessi incontrato in quella circostanza non avresti avuto lo stesso risultato. Mette alla prova con cose assurde, anche sbagliando. Com'è stato lavorare con un pazzo, un egocentrico, uno che ha una gran testa, che ha fatto miliardi di errori nella sua vita?

M: La storia con Marco è iniziata già in modo strano, non mi voleva con sé o comunque non era pro-Mengoni, poi sono entrato e si è instaurato un rapporto di amore-odio. E' stato comunque bello trovare nel mio percorso una persona con la quale potermi confrontare, che ne sapeva a pacchi di musica, a differenza mia che ero molto giovane ma con la voglia di ascoltare qualsiasi genere musicale ( ho addirittura partecipato a uno stage di jazz non conoscendo neanche Summertime, cosa di cui oggi mi vergogno moltissimo). Questa esperienza con una persona molto particolare mi è servita, discutevamo spesso animatamente sugli arrangiamenti, sulla scelta dei pezzi, ed è stato stimolante e istruttivo. E' stato sicuramente uno scambio con lui, molte volte mi sono sentito solo di fronte ai suoi attacchi perchè non capivo che erano la sua strategia per farmi sentire indifeso e farmi dare di più sul palco. Non so se cambiando giudice il mio percorso sarebbe stato diverso, certo è che quello che ho fatto mi è piaciuto.



 
A: In pochi mesi sei diventato da semplice ragazzo a Marco Mengoni.  Come si fa ad uscire da lì ed essere un'altra cosa, avere la vita rivoluzionata in brevissimo tempo e non pensare di essere dio, non autoglorificarsi, non perdere la testa?
Non credo sia facile, ti ritrovi di colpo in una condizione particolare, da un lato sei compensato dall'arte che è un regalo divino perchè ti permette di esprimere le tue emozioni attraverso la musica, d'altro canto hai una serie infinita di fastidi che ti vengono da essere riconosciuto ovunque tu vada, io per la metà diventerei pazzo.

M: La testa credo di averla persa fin dal primo vagito!
Io mi sono sentito subito a mio agio, non sento la pressione. Certo, non posso andare di sabato in un centro commerciale a comprare un disco se mi viene voglia, ma vado magari di martedi mattina se ho tempo e non cambia niente.
Poi per chi è nato il 25 dicembre è comprensibile sentirsi dio!
Comunque non è facile convivere con la notorietà, ma quello che mi dà veramente fastidio è quando si vuole entrare troppo nel privato. Parlo dei media o dei fan che inconsapevolmente irrompono in un ambito di cui non dovrebbero essere interessati, è questa forse la parte più noiosa, per il resto se mi fermano per strada per complimentarsi, per dirmi che apprezzano una mia canzone, come diceva un mio collega, è “il regalo mio più grande”.
Sono ancora una persona timida ma credo che per fare questo mestiere serva una dose di eccentricità, di egocentrismo.
Io non so se questo sarà il mio unico mestiere tutta la vita, spero di no perchè ho voglia di fare tante cose, ho avuto la fortuna di iniziare da giovane e c'è tutta una vita per decidere.


A: Io ti ho visto in concerto e sono curiosissimo di conoscere il tuo rapporto col palcoscenico. E' evidente che molto spesso sei in trance e lo dico come un complimento, sei ampiamente posseduto dalla musica, fai quello che ti viene, canti come senti perchè sei completamente dentro a quello che stai cantando.
Poi ci sono dei momenti in cui sei cosciente di essere su un palco, allora credo sia difficilissimo gestire questa personalità, mantenere equilibrio tra essere perso nel tuo universo sonoro e la consapevolezza di essere in scena.

M: Infatti non sono ancora capace di gestirla bene, vado ancora un po' d'istinto.
Molte volte dopo un'esibizione leggo sui social ( i miei sono molto attivi, siamo un bell'esercito) “Mengoni era ubriaco, drogato, ha abusato di sostanze stupefacenti” ma a parte il fatto che non siamo più negli anni 70 e il tempo di Jim Morrison non esiste più, pur volendo e non voglio perchè non l'ho mai fatto, non sono neanche più abituato a bere una birra. Solo ieri sera mi sentivo ubriaco per mezzo bicchiere di vino, perchè faccio una vita sanissima, vado in palestra, non capisco perchè esca sempre fuori questo. Credo sia perchè quando canto,  se riesco a sentire bene l'attacco, (perchè in alcuni momenti sei lì che tremi sperando che tutto vada per il meglio e possa sentire tutti gli strumenti) sono tranquillo ed ed entro negli accordi, allora faccio veramente l'amore con la musica.

A: Come fai a far diventare tue canzoni che non hai scritto e quanto coraggio ci vuole invece a cantare parole tue, perchè ti metti a nudo, ti racconti in un modo che magari non vuoi nemmeno gli altri conoscano. Mi incuriosisce perchè sei un cantante con un'espressione emotiva molto forte, non sei piatto.

M: Anche se canto qualcosa che non ho scritto, io ci sono comunque. Se mi arrivano dei pezzi tendo sempre a modificarli, a portarli verso di me. Poi, come disse De Gregori, siamo dei cantastorie e se a volte canti quella di altri devi avere una buona dose interpretativa, devi prendere il pezzo e cercare un'esperienza della tua vita per collegarla a quella e fargli prendere un senso. Leggendo o cantando certe frasi devi risalire a quelle sensazioni. Ovviamente per me il percorso per arrivare all'emozione è più lungo rispetto a quelle uscite da me, soprattutto se si tratta di ballate dove viene richiesta molta più emozione e sensibilità. Nei miei pezzi lenti l'emozione è più immediata perchè si tratta di una mia storia o comunque di qualcosa che ho visto o ascoltato personalmente.

A: Trovo che L'essenziale ti rispecchi magnificamente perchè rappresenta stilisticamente il tuo modo di cantare, di essere artista ed è credibile.
Ti ascolto e vivo l'emozione di una canzone che parla di rapporti, di profondità, di amore a livello essenziale come quello che tutti vorremmo vivere. Come si fa ad essere credibile raccontando di un sentimento così profondo?

M: Il successo di L'essenziale credo dipenda dal lavoro di squadra. Ci sono state molte lotte in studio o via mail con gli altri autori. Si è trattato di una costruzione difficile, messa da parte la metrica e le regole di scrittura, nel pezzo si doveva scatenare anche tutto un meccanismo emozionale. Dovevo confezionarlo un po' come un vestito, io disegno l'abito e i miei sarti iniziano a dargli forma. L'essenziale in realtà mi metteva paura e non avrei voluto neanche metterlo nel disco perchè era molto diverso da me, da come ero stato fino ad allora anche se c'ero immerso fino al collo essendo uno degli autori. Mi sembrava strano presentarmi su un palco così importante, dopo un anno di silenzio, con quella canzone così distante da quello che ero io. Forse non mi sentivo in grado di portare un messaggio così forte di speranza che in quel momento mi apparteneva e mi appartiene ancora. 
Ero appena uscito dal cambiare tutto il mio team, dopo problemi legali in cui non vorresti mai trovarti a 22 anni, dopo aver capito che il mondo della famiglia artistica glitterata vissuto fino a quel momento era illusorio, ma in me c'era la voglia di far sentire che esiste la luce in fondo al tunnel, che dopo un periodo buio e quando magari sentiamo tutte le notizie esagerate per cui non usciremmo più di casa, siamo ancora qui, il mondo non cade a pezzi , il sole è ancora acceso.
“Io compongo nuovi spazi” per me era un messaggio di speranza, la dimostrazione che non mi facevo abbattere ma andavo avanti. Modificando un po' questo pezzo mi è entrato dentro ed è stato la colonna sonora di questo anno.

A: Pochi giorni fa dopo la tua esibizione  a X- Factor, ho scritto che sei meglio di alcune canzoni che ritengo troppo deboli per la tua espressività, lo stile, l'originalità che ti appartiene. Per questo dico che, per quanto tu possa non crederci, L'essenziale alla fine rispecchia esattamente le tue potenzialità, cioè poter cantare cose più profonde, più complesse, meno ovvie. Vorrei sapere come scegli i pezzi da inserire in un disco e se il pop è davvero il tuo universo.

M: No, il pop non è il mio solo mondo, infatti cerco sempre di mettere sempre più di me o comunque tutte le influenze che ho avuto, da Duke Ellington a Wagner a Verdi a qualsiasi cosa mi sia piaciuta, in ogni disco o live e mi piace condividere e scoprire la reazione del pubblico. 
Sicuramente ci sono pezzi che non avrei messo negli album ma non dirò mai quali sono, anche perchè è come l'adozione di un bambino, dopo un po' di tempo avviene una simbiosi e cominci ad amarlo anche se non è tuo, capisci i pregi di quel pezzo anche se non ne eri del tutto convinto anche perchè l'hai scelto tra una rosa di 40. Non scelgo da solo, mi piace confrontarmi con il mio team, non mi sento in grado di giudicare da solo, avrò sempre bisogno di un'opinione diversa: dal mio produttore, la mia manager, il pubblico perchè mi dà più forza. Per quanto riguarda i miei pezzi di solito sbaglio, perchè mi vergogno e non li faccio sentire infatti ho moltissime cose salvate sul computer che magari non usciranno mai che non sono propriamente pop e magari hanno preso forma da quello che ascoltavo in quel momento, che sia James Blake, Erykah Badu, India Arie, Pearl Jam.



(Foto di Lucia Pugliese)

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