lunedì 24 agosto 2015

Marco Mengoni a RSI: il mio stendardo di vita è il bene universale

Marco Mengoni, in occasione del suo showcase a Lugano, ha rilasciato diverse interviste. 

Nel programma di RSI Rete Uno,  “Ogni maledetto sabato”, Gian Luca Verga, conduttore e responsabile Musica Eventi Spettacoli e Intrattenimento della rete, gli ha chiesto una riflessione sulla sua vocazione internazionale e sui progetti artistici che sta coltivando.




Sei tra i giovani artisti più interessanti, ispirati e lucidi nell'ambito del pop. 
Personalità ricca e intrigante e complessa, apprezzato da un pubblico oceanico, Svizzera inclusa, nel breve volgere di poche stagioni hai avuto modo di manifestare una natura artistica davvero rilevante, significativa, dirompente.

Devo prima di tutto ringraziare l'Italia e il mio pubblico (l'esercito) che mi ha permesso di promuovere la mia musica anche all'estero, anche se per il momento in piccola parte: in Spagna e qui in Svizzera. Per me è quasi scontato trovarmi bene perchè amo viaggiare  e accostarmi a diversi modi di fare musica e di culture. L'accoglienza è stata più che positiva e spero di lavorare anche all'estero come ho fatto per il mio paese, per far conoscere la mia musica. 
Non è un obiettivo, una missione o un sogno da realizzare a tutti i costi, sono piuttosto razionale e la vivo come un'occasione di crescita. 
Posando un mattone dopo l'altro forse costruiremo qualcosa anche fuori dall'Italia.


La tua intensa e breve, per età anagrafica, carriera, ci racconta una certa idiosincrasia da parte tua per i clichè, a favore di una libertà artistica totale. E' solo una sensazione?

Per me è fondamentale lavorare per una libertà assoluta, anche se ci sono dei limiti da rispettare. Penso che tutto sia concesso finchè un uomo non nuoce ad un altro. Vedo che tante cose stanno cambiando e voglio essere un testimone di questa evoluzione. Non ho la ricetta per migliorare il mondo ma se posso dico la mia attraverso la mia musica. Spero di non cadere nel banale perchè tante cose sono ovvie, ma mi unisco all'esercito pacifista che lotta per i diritti degli altri.


Hai definito "Parole in circolo" una playlist, un progetto in divenire, per far capire che non si tratta di un disco convenzionale ma qualcosa tipo " questo è Marco Mengoni che sta vivendo, che sta raccogliendo input giorno dopo giorno, che sta conoscendo gente e situazioni, è qualcosa che cambia nel tempo". In più ci sono le tue anime preponderanti: c'è la ballata,  l'elettronica a, il brano più  solare e quello dance.  Tutto ciò  è  interessante,  dimostra che sei un artista che non segue un cliché  ma che hai il coraggio di mettere a disposizione la tua ricchezza,  i tuoi interessi musicali, i tuoi gusti e la tua anima.

Siamo in un momento di cambiamento nella fruizione della musica, dalle cassette di quando sono nato siamo passati al disco e ora al digitale, quello che io uso tutti i giorni spaziando attraverso diversi generi, da Wagner, a Erikah Badu, Aretha Franklin, 
BB King, quindi per me era importante poter creare un progetto, ovviamente ancora fisico, in cui mettere all'interno tutto il mio vissuto di questi anni. 
Non mi piaceva fare un disco con la stessa linea melodica dall'inizio alla fine, perchè io ascolto di tutto. 
La seconda parte che uscirà si sta sviluppando con gli input raccolti già da tempo.
Tanti che hanno sentito il disco mi hanno fatto notare che sì è bellissimo ma non ha un filo logico. Io rispondo che neanche io ho il senso della vita. Anche nella musica ricercherò sempre qualcosa di diverso, di assorbire da tutto quello che ascolto.
Ho iniziato con uno stage di jazz a 14 anni, passando per i gruppi rock, è l'istinto che mi spinge a scrivere o a mettere all'interno di un disco pezzi diversi tra loro ma che rispecchiano quello che sono, ciò che tutti stiamo vivendo nella realtà. 


In "Parole in circolo" hai firmato otto brani e hai lavorato con autori provenienti da ambiti artistici, geografici, estetici diversi, questo dimostra che vuoi essere presente senza maschere e allo stesso tempo vuoi crescere condividendo e collaborando

Mi piace molto collaborare anche perchè penso di non essere in grado di fare tutto da solo, crescendo si imparano i propri limiti e i propri pregi. Ci sono tante figure con cui amo confrontarmi, autori, scrittori, musicisti , cresco attraverso la condivisione  e le esperienze di chi ha fatto questo mestiere da prima di me.
Il mio ufficio stampa ( Dalia Gaber) mi riprende spesso perchè non parlo mai in prima persona dei miei lavori ma a me viene naturale coinvolgere chi ha collaborato a creare un progetto anche se sono io a metterci la faccia. 
Non mi sento l'unico proprietario di un disco perchè conosco tutto il lavoro che c'è dietro.





In questo straordinario viaggio che è la vita, cos'è che ti arricchisce? 

Ultimamente sto retrocedendo.  Chi è venuto al concerto ha ascoltato uno dei miei monologhi dove dico che mi sono reso conto che nella frenesia del mondo attuale, rischiamo di non dare il giusto peso ad alcuni attimi magari importanti. 
Ci lasciamo sfuggire situazioni, meraviglie che quando siamo piccoli e quindi non ancora corrotti dalle esperienze, assorbiamo e ci portiamo dentro per tutta la vita. 
Non abbiamo più il tempo di fermarci ad assaporare quello che viviamo. 
Io sto provando a farlo, ad esempio dopo un concerto, entro in camerino e sto da solo in silenzio cercando di assorbire tutta l'energia e le emozioni respirate sul palco. 
In quei minuti mi carico di bellezza e dopo sono pronto a partire di nuovo

 Mi fa molto piacere sentire un ragazzo che cura il suo fanciullo interiore.  

Il mio mestiere porta a conoscere tantissime persone ma non si ha il tempo per relazionarsi veramente, per approfondire. Ti ritrovi in tour in città meravigliose ma vedi solo palazzetti e alberghi, per cui se posso decido di partire un giorno prima o rimango qualche ora in più così mi godo quello che faccio.  Mi sembrava di lasciar andare via la vita. 


Mai come in "Parole in circolo" hai dedicato un'attenzione straordinaria, quasi maniacale alle parole. In più c'e attenzione al prossimo, rispetto per le persone,  onestà intellettuale,  amore per gli altri e per se stessi, valori universali e senza tempo,  che trasmetti attraverso le canzoni.  È  emozionante sentire come le avete suonate e il successo che ha avuto. C 'è  la sensazione che non sia un prodotto creato a tavolino ma che tu ci sia dentro davvero. 

 È frutto di una crescita personale, che poi è quella di tutti, si diventa più grandi,  si fanno esperienze.  
Ho capito che le parole sono veramente importanti e che spesso le buttiamo via. 
Mi si è  accesa una lampadina, cito il grande Moretti che disse "le parole sono importanti", mi sono reso conto che negli altri dischi avevo fatto molti giri inutili, che avevo usato parole a caso. 
In questo progetto volevo dare rilevanza a dei messaggi e che fossero più diretti possibili. 
Bisognava porre molta attenzione alle parole da utilizzare. Ho preso ispirazione da alcuni dei cantautori più  grandi che abbiamo e grazie all'aiuto del mio produttore ho trovato una via diversa per esprimermi. 

Io sono molto contento.  Non avevo una pistola alla tempia,  nessuno mi ha costretto a scrivere un disco. 
I pezzi sono nati anche due o tre anni fa: mettevo da parte delle idee,  ad esempio per Esseri umani ho aspettato di essere pronto, di crescere come persona. 
Anche i tre video mandano messaggi ben precisi, che sicuramente sono scontati ma che spesso ci dimentichiamo di applicare. 


In più ci sono le tue anime preponderanti: c'è la ballata, l'elettronica, il brano più  e quello dance. Tutto ciò è interessante e dimostra che sei un artista che non segue un cliché  ma che hai il coraggio di mettere a disposizione la tua ricchezza,  i tuoi interessi musicali, i tuoi gusti e la tua anima.

Tanti che hanno sentito il disco mi hanno fatto notare che sì, è bellissimo ma non ha un filo logico. Io dico che neanche io ho il senso della vita. Anche nella musica ricercherò sempre qualcosa di diverso,  di mettere nei miei dischi tutti i miei ascolti. 
Ho iniziato con uno stage di jazz a 14 anni,  passando dai gruppi rock, è l'istinto che mi porta a scrivere o a mettere all'interno di un disco pezzi diversi tra loro ma che rispecchiano quello che sono, ciò che stiamo vivendo nella realtà. 





Per la professione che svolgi hai la possibilità di parlare con migliaia di persone, soprattutto giovani e ovviamente hai qualche responsabilità in più rispetto alle persone comuni. 
Dover fare attenzione alle parole, agli atteggiamenti lo vivi come un peso o per te è naturale?

Lo sento abbastanza naturale perchè, come dicevo prima, cerco di essere abbastanza equilibrato e parlo di quello che vivo io stesso. Certo, dobbiamo pensare bene al progetto e ai messaggi che vogliamo mandare, bisogna essere responsabili e saper gestire le parole.
Il disco si chiama "Parole in circolo" proprio per questo motivo, perchè spesso ne pronunciamo tante, giriamo intorno a un problema ma non diciamo mai quelle giuste. 
Mi ha colpito quello che è successo in Francia e ho notato che si sono sprecati tanti discorsi, ho capito che con le parole sbagliate c'è il rischio di muovere situazioni scomode o stupide. Dovremmo avere più delicatezza e riflettere prima di aprire bocca.. Noi, nonostante non siamo giornalisti o divulgatori di notizie, in qualche modo siamo informatori, il mio stendardo di vita è il bene universale, lo promuovo da sempre e continuerò, come mi hanno insegnato i miei genitori.


Il tuo lavoro è stressante, qual è il segreto per rendere creativa l'energia che assorbi o che produci? 

È  difficile, a volte le intuizioni le perdo per strada.  Per fortuna  la notte prima di dormire ti puoi fermare un attimo a raccogliere e appuntare i pensieri, quello che hai fatto durante il giorno.
A volte gli altri autori mi guardano sconcertati perché non capiscono quello che ho scritto o cosa volevo dire. In altre situazioni butto giù dei disegni da cui escono i testi. 


Dal punto di vista del canto tutti hanno notato una maggior consapevolezza da parte tua sull'uso della voce. La tavolozza di colori nel tuo canto che già aveva stupito per tecnicismo,  per l'estensione, è molto più ricca di un tempo. In questo lavoro si percepisce una profondità, una sensibilità  maggiore rispetto a prima,  questo va di pari passo con l'evoluzione umana? 

Di sicuro va di pari passo con la mia voglia di scrivere e di intraprendere strade diverse.  Dando più  peso al significato delle parole dovevo far sì che i virtuosismi fossero solo in alcuni punti, anzi, secondo me ho dato loro più rilevanza non facendoli continuamente.  
Il cambiamento è avvenuto naturalmente, era partito già  con "L'essenziale", poi con "Guerriero" si è confermato, infatti è in una tonalità impensabile per il Mengoni di 5 anni fa, ho spiazzato anche me stesso e quando succede di sorprendere se stessi bisognerebbe continuare così, dato che ha funzionato così bene per il mio pubblico e per il mio benessere.  
Poi magari domani mi sveglio e faccio la seconda parte in mi bemolle.

L'umanità che stai incontrando nella tua strada, ti sta sorprendendo positivamente? 
E come ti vedi tra cinque anni?

Per fortuna nella mia vita ho trovato tanta bellezza e felicità. 
Devo ringraziare i miei genitori che mi hanno lasciato libero anche di sbagliare e di fare le mie esperienze sia positive che negative. Ho avuto alti e bassi come tutti, ma l'importante è avere sempre passione e speranza.  
Si ci credo in questo mondo, bisognerebbe sempre sperare di poter fare qualcosa per migliorarlo. Per questo dico ai miei coetanei di muoversi il più possibile, anche se ci sono momenti in cui siamo più giù di morale, l'importante è non fermarsi, cibarsi di qualsiasi cosa, assorbire input.
Non voglio immaginarmi come sarò, io guardo all'oggi, a costruirmi un futuro giorno dopo giorno



Grazie a Gian Luca Verga e a Alessandro Bertoglio per l'intensa intervista e le foto. 

Il podcast dell'intervista qui:
http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/intrattenimento/ogni-maledetto-sabato/Gino-Paoli-e-Marco-Mengoni-5743618.html


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